martedì 8 aprile 2014

La figura dell'insegnante di sostegno



Chi è l’insegnante di sostegno, quali compiti assolve nel processo formativo e organizzativo della scuola, cosa deve fare, di chi e di cosa deve occuparsi?
La risposta che più si sente circolare tra i non addetti ai lavori, ma anche tra che opera nella scuola rispetto alla figura dell’insegnante di sostegno, è che ella/egli è “l’insegnante che si occupa dell’alunno disabile”, è la persona che all’interno della scuola deve occuparsi della sua formazione, del suo recupero, della sua integrazione, dei suoi bisogni.

Questo è un’immagine che sembrerebbe definire sufficientemente bene il suo ruolo, è colei o colui che deve occuparsi dei disabili, questa definizione ritengo sia in sintesi la rappresentazione sociale più consolidata.
Se andiamo ad approfondire la situazione e vediamo gli aspetti normativi e i principi ispirativi di questa figura, possiamo vedere che le definizioni o gli elementi prescrittivi del suo ruolo e dei suoi compiti non sono corrispondenti con quanto sopra detto, ma bensì ci forniscono elementi che tendono a definire una figura professionale diversa.

Il DPR del 31-ottobre-1975, n.970,art.9 afferma che il personale specializzato non è assegnato per gli allievi diversamente abili, ma: “a scuole normali per interventi individualizzati di natura integrativa in favore della
generalità degli alunni e in particolare di quelli che presentano specifiche difficoltà di apprendimento”.

La Legge 5 febbraio 1992, n. 104
 Art 13 comma 6. recita: “Gli insegnanti di sostegno assumono la contitolarità delle sezioni e delle classi in cui operano, partecipano alla programmazione educativa e didattica e alla elaborazione e verifica delle attività di competenza dei consigli di interclasse, dei consigli di classe e dei collegi dei docenti”.
Solo pochi elementi definiscono i compiti e le funzioni di questo docente e il contesto nel  quale deve interagire e tali indicazioni non sufficienti per aiutarci a capire quali siano gli  aspetti prescrittivi e discrezionali effettivi del ruolo. 
Le indicazioni normative definiscono che l’insegnante di sostegno è “contitolare” della  classe e pertanto partecipa come gli altri docenti al progetto educativo e formativo. Non è  l’insegnante dell’alunno disabile, non è colei/colui che si deve in modo esclusivo occupare  dell’alunno così come l’immagine e la rappresentazione sociale potrebbero farci pensare. 
E’ un insegnante che ha gli stessi compiti dei colleghi, anche se posti in una funzione e  compiti diversi. 
“La responsabilità dell’integrazione è assunta non dalla singola classe, ma da tutta la  comunità scolastica, che costituisce di per sé uno dei sostegni più validi” (C.M. 199/1979). 
Ciò significa che tutti i docenti, di sostegno e curricolari, devono essere “capaci di  rispondere ai bisogni educativi degli alunni, con interventi calibrati sulle condizioni  personali di ciascuno”. 
Perciò la responsabilità dell’integrazione è sia dei docenti di sostegno, che dei docenti  curricolari, che della comunità scolastica globale. 
Mi pare che tutte queste osservazioni, descrivano un contesto di lavoro costituito da professionisti  che devono al loro interno definire un percorso didattico in funzione del  progetto di integrazione e di inclusione di alunni disabili; vale a dire che la situazione apparentemente  consolidata, “sono l’insegnante di ...italiano e mi gestisco il percorso didattico come  meglio ritengo” viene totalmente ribaltata e viene richiesto ad ognuno di ridefinire un  assetto di potere professionale nuovo che tenga conto del nuovo venuto, l’insegnante di sostegno, che spesso appare come un intruso. 
Cosa succede, come viene gestito questo delicato passaggio nella strutturazione del gruppo di lavoro?

Insomma docenti curricolari-docenti di sostegno...sempre due mondi a parte che si scontrano..basterebbe collaborare..soprattutto in quelle  ore di programmazione che invece vengono spesso impiegate in tutt'altro modo!!




PERCORSI DI DIDATTICA INCLUSIVA CON L’USO DELLE TIC

Quale ruolo hanno le ICT per la realizzazione di un percorso educativo inclusivo?
Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione facilitano la vita sociale, lavorativa, comunicativa di coloro che sono in situazioni di difficoltà (OMS, 2001).
Un uso consapevole ed appropriato delle tecnologie può, quindi, migliorare le condizioni di vita dei diversamente abili, in quanto strumenti adattabili alle caratteristiche della persona e facilitanti un proficuo inserimento nella vita sociale e lavorativa. Inoltre, possono essere considerati come tools che favoriscono i processi di apprendimento e l’acquisizione di autonomie di base, che contribuiscono ad accrescere l’attenzione e la motivazione, aspetti non trascurabili in alunni con bisogni educativi speciali.
Nel caso di soggetti con gravi disabilità, il più delle volte l’obiettivo non è tanto riprodurre informazioni quanto riuscire a modificare i processi sottostanti (Antonietti et al., 2003), ad esempio aumentando la capacità attentiva, imparando a stare meglio insieme agli altri, esprimendo alcuni bisogni e cosi via.
In questa prospettiva l’uso di software didattico specifico presenta sicuramente alcuni vantaggi rispetto all’uso di strumenti tradizionali; in primo luogo perchè stimola e incrementa sia l’attenzione che la motivazione dell’utente; secondariamente perchè semplifica ciò che il soggetto deve apprendere, riducendo le interferenze fra compiti cognitivi diversi e permettendo di concentrare l’attenzione su pochi ed essenziali elementi; infine per la loro flessibilità, ovvero
la possibilità di definire contenuti, tempi, metodi, rinforzi, adattandoli sia alle esigenze del singolo
alunno sia a fattori contingenti come il momento di maggiore stanchezza, lo stato emotivo ecc (Fogarolo, 2007).